E’ Pasqua quando abbandoni l’Egitto e lo stato di schiavitù.
Quando ti lasci alle spalle ciò che ti opprime: abitudini, paure, limiti interiori, relazioni tossiche, automatismi e tutto ciò che ti incatena. È Pasqua quando lasci il corpo, non come fuga, ma come atto di fiducia: lasci l’attaccamento, la materia che stringe, perché qualcosa in te sa che oltre la morte c’è un risveglio, una resurrezione che non è solo domani, ma accade ora, nel profondo. E’ Pasqua quando, anche se non sai esattamente dove ti porterà, attui una scelta consapevole di intraprendere un cammino.
È la festa del coraggio spirituale. È primavera quando lasci il buio, non per fuggirlo, ma perché lo hai attraversato. E adesso comprendi che ogni notte ha un mattino, che ogni gelo ha un germoglio e che la luce non è mai perduta, solo nascosta per un tempo sacro.
C’è un passaggio, silenzioso ma reale, quando ti accorgi della schiavitù della mente: le catene invisibili del pensiero, le convinzioni dure come pietre. E proprio lì, nell’attimo della resa, ti affidi. Non alla ragione, ma alla Coscienza. A ciò che vede tutto, che non giudica, non lotta, non teme. A ciò che sei, prima di ogni cosa.
Pasqua, primavera, risveglio. Tre nomi, una sola soglia. E il passaggio, alla fine, è solo un ritorno a casa.