Ritorno all'acqua
“È sorprendente come, nelle ‘casualità’ della vita, io abbia ripreso a nuotare in attesa del mio primo figlio: tutto ricomincia da qui!
È un momento incredibile da raccontare, così pieno di Vita e di simbolismo: il mio grembo pieno coincide con un ritorno a me stessa, al movimento, ... al fluido primordiale…”
La parola apnea deriva dal greco a-pnoia, “senza respiro”. Se ci fermassimo a pensare non solo che la vita ha avuto origine in acqua, ma che tutti trascorriamo nove mesi immersi nel liquido amniotico prima di nascere, arriveremmo alla naturale conclusione che questo sport è potenzialmente adatto a tutti: è scritto nel nostro DNA, nel nostro patrimonio genetico.
Se osserviamo un bimbo appena nato, è sorprendente vedere come, immerso in acqua, riesca facilmente a simulare una nuotata a rana, trattenendo il respiro anche fino a 40 secondi!
Di questa memoria, l’uomo conserva in sé il riflesso di immersione, che si attiva semplicemente bagnandosi il viso. È proprio grazie a questo riflesso che risulta più semplice trattenere il fiato immersi in un liquido piuttosto che all’asciutto. Il contatto con l’acqua provoca un immediato abbassamento dei battiti cardiaci – che possono scendere fino a 7 o 8 al minuto in immersioni profonde – e una vasocostrizione periferica. Questa risposta fisiologica favorisce la circolazione verso gli organi vitali, riducendo il consumo energetico e prolungando la capacità di apnea. Inoltre, l’acqua induce un rilassamento fisico e mentale.
Un gesto antico come l’uomo
L’uomo pratica l’apnea da tempi antichissimi: pensiamo alle Ama giapponesi, alle donne del mare coreane o ai pescatori di spugne dell’isola greca di Simi. È proprio a uno di questi ultimi, Haggi Statti, che si fa risalire idealmente l’origine dell’apnea in profondità. All’inizio del secolo scorso, disincagliò un’ancora della Marina Militare ferma a -75 metri di profondità.
L’apnea è una disciplina in cui ogni nuovo campione può definirsi un pioniere. Spostando i limiti, ha contribuito a esplorare e approfondire la conoscenza di una pratica antichissima, sulla quale – nonostante i progressi della medicina – c’è ancora tanto da scoprire.
Benessere e consapevolezza
La ricerca del benessere in acqua e la conoscenza di sé sono i due motori principali per avvicinarsi all’apnea.
Per cominciare, è necessaria un’idoneità cardiovascolare. Chi pratica già attività fisica è avvantaggiato, ma chi non lo fa può essere motivato a iniziare per migliorare forma e salute. Sport come nuoto, corsa, bicicletta e salto della corda aiutano a sviluppare resistenza e cuore sano.
È fondamentale non fumare ed evitare sinusiti o tracheiti frequenti. Anche l’aspetto psicologico gioca un ruolo essenziale: serve una buona familiarità con l’acqua, assenza di paura degli spazi chiusi o del buio, e la capacità di gestire l’imprevisto. Il mare è un elemento in costante cambiamento, e saperci stare è parte della sfida.
Tranne in casi patologici, l’apnea può diventare un modo per scoprire sé stessi, affrontare e superare le proprie paure, e riconnettersi a qualcosa di antico e profondo.
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