Non una semplice casualità: una jungiana sincronicità.
Una mano invisibile orchestra la vita: un filo nascosto cuce tra loro elementi disparati, trasformandoli in un disegno preciso e misterioso. Non sono semplici eventi, ma simboli che si richiamano l’un l’altro, note di un’unica sinfonia.
La sirena, mitica e seducente creatura custode del mare e dell’ignoto. La pastiera, dolce sacro, emblema di rinascita, fonde ingredienti pagani e cristiani, terra e tempo, famiglia e festa. Entrambe appartengono a Napoli. Entrambe parlano di femminile, di mistero e di richiamo profondo.
Mi muovo in apnea, vivo nel silenzio liquido come in una dimensione primordiale e ilcorpo diventa tramite tramare e mondo di sopra.
Impasto la pastiera in un gesto rituale, quasi sacro, che conserva il ricordo di generazioni, la storia di una famiglia e una dolcezza centenaria risuona nel presente, che non esiste senza quella memoria.
Il percorso non è solo sportivo, non è solo personale: è mitico. È culturale. È spirituale. E’ l’incontro tra antico e moderno. Tra la sirena e l’atleta. Tra la tradizione e il gesto estremo. Non è solamente un record, è un simbolo, un archetipo, che Napoli riconosce e custodisce da secoli. E tutto converge in una superiore volontà che conferma la giustezza della via.
Il tempo si piega su se stesso e fa combaciare ciò che è apparentemente distante: il mito e il presente, il racconto e l’impresa, la leggenda e la carne.
Sono il punto d'incontro. Non per caso, ma per chiamata
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