Tutti mentono, svela dottor House.

Fingere è diventata quasi una regola non scritta della convivenza sociale. La verità è scomoda, pesante, spesso inaccettabile e così la si lima, la si addolcisce, la si maschera, più spesso semplicemente la si evita. Mento agli altri e, cosa più inquietante, mento a me stessa.

Perché è così difficile essere sinceri? Perché l’onestà che, in teoria, dovrebbe essere un valore, nella pratica diventa un rischio? Dico bugie per difendermi, per proteggermi dalle valutazioni altrui, per mantenere una certa immagine di me e per evitare conflitti. Invento per non ferire chi mi sta vicino o per convenienza o perché le frottole mi appaiono l’unica via d’uscita da situazioni complicate. Questa abitudine si radica così profondamente da confondere la mente stessa. Inizio con piccole omissioni, mezze verità, parole non dette. Diventa poi la norma e mi convinco che siano innocue, che servano solo a “semplificare” la realtà… Ma non è così. Quando le falsità si fanno parte integrante della mia narrazione, la vita si trasforma in uno sceneggiato nello sceneggiato: una rappresentazione continua, dove i ruoli si mescolano, dove non distinguo più ciò che è autentico da ciò che è costruito.

E non riesco ad essere sola nemmeno nelle personali rinunce. Cerco sempre qualcuno con cui condividere la mia versione edulcorata dei fatti, qualcuno che confermi e che faccia eco alla mia bugia. Trascino così, talvolta inconsapevolmente, gli altri in un particolare gioco distorto, sottacendo, deformando, non chiarendo. Pur senza intenzioni esplicitamente maliziose, finisco per boicottare chi mi circonda e creo un clima opaco, dove nessuno si fida più fino in fondo e dove ogni parola è passibile di sospetto.

La menzogna diventa patologia. Non mento più solo per convenienza o per paura: simulo perché non conosco altro modo di stare al mondo. Diventa una seconda natura, una modalità automatica e un meccanismo di profonda solitudine, perché, seppure circondata da persone, resto isolata nella mia falsità.

Creo un muro di difesa, che non lascia passare neanche l’Amore.

Provo ad essere autentica e spesso sono esclusa, percepita come scomoda o ingenua.

La sincerità non è solo una questione di parole dette o non dette: è una scelta di coraggio, una fatica quotidiana. È accettare di mostrarmi vulnerabile, imperfetta e incompleta. È rinunciare al controllo totale sull’immagine che voglio dare di me. E’ pericoloso, ma senza questo rischio, senza questa schiettezza ogni relazione si riduce a un patto tacito di finzione.

La lealtà è difficile, mi obbliga a guardarmi davvero e a smettere di recitare, ma solo accettando questa difficoltà, posso sperare in rapporti genuini, freschi, veraci e in una esistenza che non sia solo un film dentro il film, ma cruda, imperfetta, certa e viva.  Realtà.

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