Tutte le volte vi entro in punta di piedi, con rispetto, con presenza. Gli porto una piccola offerta, un pensiero, un respiro, un sussurro e un saluto, come mi insegna uno sciamano andino. E’ un gesto semplice, il riconoscere che entro in uno spazio sacro, che non mi appartiene, ma che mi accoglie.
Non importa se è acqua, bosco, vento, silenzio. Ogni volta è un varco, una soglia.
Lo onoro come si fa con un essere antico, potente, e che parla con un linguaggio sottile e invisibile. E tutte le volte ne esco diversa.
Lo ringrazio, insieme al Cielo e alla Terra, perché qualcosa in me si è purificato. Qualcosa si è sciolto: lasciato andare, trasmutato. Lo sento: un’energia nuova mi attraversa. Più limpida. Più leggera. Più vera.
Cerco di ricambiare questo dono con la presenza piena. Provo a “sentirlo”, quel fascio di luce che mi riempie, come se potessi diventare parte di esso. Immagino di fondermi col creato: con il Vento, con il Sole e con la bellezza silenziosa della natura che mi avvolge.
Non esisto più come individuo separato. I miei confini si dissolvono. Non c’è più io e non c’è più fuori. C’è solo un’unità vitale e pulsante. Una danza invisibile tra me e il Tutto.
È un momento di grazia, raro ma reale.
In quei pochi secondi, divento luce nella Luce.
E questo basta a guarire.
A ricordarmi chi sono.
A scegliere ogni giorno, ancora, di entrare in punta di piedi.
Con rispetto.
Con amore.
Con gratitudine.
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