Continuamente divisa tra ciò che penso razionalmente e ciò che sento nel profondo. La mente analizza, costruisce, valuta, teme; il cuore percepisce, intuisce, ama. Quante volte mi dico: “Non dovrei, ma lo sento così forte dentro di me”? La frattura tra ragione e sentimento è intrinseca dell’essere umano ed è evidente nella ricerca di Dio.
La razionalità usa definizioni, formule, spiegazioni logiche. Vuole comprendere, inquadrare, classificare… Dio, per sua natura, sfugge a tutto questo. Non è un concetto imprigionato in parole, che rischiano di limitare un’esperienza, per definizione, illimitata.
Dio non si dimostra: si incontra, si sperimenta... È Vita.
Se cerco Dio solo con la testa resto delusa: la mente da sola non basta. Posso leggere un trattato di teologia, conoscere tutti i dogmi ed i testi sacri, ma sentirmi vuota. Dio non è un concetto da memorizzare, ma una realtà da vivere. Nei momenti autentici di fede, di apertura, di abbandono totale, entro in un territorio dove i pensieri si fanno piccoli e dove tutto è percepito, non spiegato.
Ciò che avverto, quel misterioso fremito, non si sposa con ciò che penso e la ragione si ribella alle assurde e incomprensibili intuizioni del cuore. Questo spazio di “tensione” apre il varco al sacro e accolgo Dio con tutta me stessa.
L’esperienza dell’Amore posso descriverla, analizzarla…, ma solo chi la vive sa di cosa si tratta davvero. Il senso profondo della fede non sta nel capire tutto, ma nell’accettare il mistero, nel lasciarmi attraversare da qualcosa di più grande, senza pretese di possesso o di spiegazioni.
E se dunque ciò che sento non si accorda con ciò che penso, ascolto quel sentire: è la porta aperta verso il divino.
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