Ė forse il nome scientifico di un animale più noto e utilizzato dai non esperti di biologia. Ed è anche il nome che individua specificamente la specie di tartaruga marina più diffusa nel Mediterraneo: la Caretta caretta. Che è anche la più piccola delle sette specie di tartarughe marine presenti in tutti i mari del pianeta, dove vivono da oltre duecento milioni di anni, essendosi perfettamente adattate alla vita in acqua, pur avendo la necessità di respirare, in quanto dotate di polmoni. Un animale simbolo del nostro mare che non se la passa molto bene, da qualche decennio a questa parte. Come, del resto, le altre specie sorelle, esposte a rischi crescenti di origine antropica per la loro sopravvivenza. Tanto da essere catalogate tutte come “vulnerabili” e in serio pericolo di estinzione.

Con una lunghezza che supera il metro per un peso che può raggiungere i 180 chili, la Caretta è dotata di un guscio, il carapace, formato da placche cornee dette scuti sia nella parte superiore, di colore marrone rossiccio, che in quella inferiore, il piastrone, di colore giallastro con macchie arancioni. Il guscio, per la sua conformazione, non consente all’animale di ritirarvi testa e zampe, come fanno le tartarughe terrestri, ma è più adatto al nuoto. Funzionali a quest’ultimo sono anche le zampe, soprattutto quelle anteriori che recano due unghie nei soggetti giovani e una sola in quelli adulti, ma sempre più grandi nei maschi. La coda è un altro elemento distintivo tra i sessi: è molto lunga nei maschi e compare proprio con la maturità sessuale, intorno ai tredici anni di vita. Anche la grande testa è coperta di squame e presenta un becco (ranfoteca) sempre corneo, dotato di margini affilati per consentire alla tartaruga di nutrirsi più facilmente.

 

24201

 

I siti di alimentazione

L’alimentazione delle tartarughe marine è piuttosto varia, a base di alghe e di organismi sia bentonici come crostacei, molluschi e pesci sia planctonici come le meduse, tra cui la temibile caravella portoghese (Physalia physalis). Infatti, le tartarughe sono preziose per l’ecosistema marino, tra l’altro, proprio come predatrici delle meduse, dai cui tentacoli urticanti sono protette dal carapace. Siti importanti di alimentazione della Caretta sono nell’Adriatico e nello Ionio, ma anche al largo delle coste tunisine, libiche e spagnole, sebbene il rettile marino sia presente in ogni parte del bacino mediterraneo, oltre che negli oceani, a latitudini tropicali e temperate. 

I siti di riproduzione

Diversi dai siti di alimentazione dove normalmente vivono, in mare aperto, sono i siti di riproduzione, a terra, sulle spiagge, perlopiù nella parte orientale del Mare Nostrum, ma sempre più frequentemente anche nella parte occidentale e, con l’aumento delle temperature del mare, sempre più a nord rispetto alle zone di nidificazione originarie. Ė lì che si spostano, affrontando anche distanze enormi, le tartarughe adulte quando, raggiunta in media attorno ai vent’anni la maturità sessuale, devono adempiere alla loro “missione” riproduttiva, ogni due o tre anni. E spesso scelgono lo stesso luogo dove sono nate, comportamento noto come filopatria.

Gli accoppiamenti avvengono in mare, poi i maschi tornano nei siti di provenienza, mentre durante l’intera fase riproduttiva, che dura tra giugno e settembre, le femmine scavano diversi nidi, a distanza di 10/20 giorni l’uno dall’altro. L’operazione avviene di notte, in punti del litorale tranquilli, dove le tartarughe possono scavare con le robuste zampe anteriori buche profonde in cui depongono fino a un centinaio di uova alla volta, ricoprendole di sabbia, affinchè siano al sicuro dai predatori e soprattutto siano in condizioni più favorevoli possibili all’incubazione, che può durare tra i 42 e i 70 giorni, a seconda della temperatura e della granulometria della sabbia, oltre che delle temperature esterne. Ė quella l’unica cura parentale che la madre presta a vantaggio della prole, visto che dopo la deposizione riprende subito il mare, per dedicarsi al nido successivo o per raggiungere di nuovo i lontani siti di alimentazione. Intanto, durante la deposizione, al fine di proteggere gli embrioni dai danni derivanti dal movimento materno già nel corso dello scavo, il loro sviluppo si blocca in modo naturale per dodici ore.

 

baby turtles moving towards ocean

 

Nuove generazioni di tartarughe

Nel periodo di incubazione tante sono le possibili insidie che possono compromettere la schiusa delle uova: la temperatura bassa o troppo alta, le condizioni climatiche non favorevoli, il contatto con l’acqua o la forte umidità se il nido è troppo vicino alla battigia, gli attacchi di funghi e insetti nocivi, ma anche la distruzione dei nidi provocata dalla pulizia meccanica delle spiagge o dalle altre attività che si svolgono sulle spiagge. Per questo è fondamentale individuare i nidi e tutelarli da offese eterne, mettendoli in sicurezza, in condizioni favorevoli a consentire una corretta incubazione e la schiusa di tutte le uova o di un’alta percentuale di esse. 

Proprio la temperatura della sabbia che avvolge le uova è l’elemento che determina il sesso delle tartarughine: al di sopra dei 29 gradi nasceranno femmine, al di sotto maschi. Compiuto il periodo della crescita nell’uovo, il piccolo di tartaruga rompe il guscio con il dente da uovo, che perderà dopo un paio di settimane. I piccoli emergono dal nido qualche giorno dopo la schiusa, dovendo risalire in superficie da sotto lo spesso strato di sabbia. Escono all’aperto di notte e si dirigono direttamente verso il mare, attratti dalla luce della luna e delle stelle che si riflette sulla superficie liquida. Per questo è necessario che non vi siano fonti di luce artificiale a indirizzarli erroneamente lontano dal mare. La corsa verso il loro elemento naturale è piena di pericoli per i piccoli, che sono esposti alla cattura da parte di gabbiani e di altri uccelli predatori. Quelli che riescono a raggiungere il mare, nuotano nelle prime ventiquattro ore per raggiungere il mare aperto e punti sufficientemente ricchi di nutrienti, ammesso che riescano a sfuggire ai pesci, che falcidiano le nuove generazioni. Perciò, nonostante l’alto numero di uova deposte, solo una ridotta percentuale di individui riuscirà a raggiungere l’età adulta e a garantire il futuro della specie.

La crescita “segreta” in alto mare

Le tartarughine superstiti crescono in acque pelagiche, ovvero in alto mare, iniziando a compiere le lunghe migrazioni caratteristiche della loro specie, alla ricerca di luoghi favorevoli all’approvvigionamento di cibo in corrispondenza delle piattaforme continentali o, durante l’inverno, di temperature più miti. Di questa fase di vita giovanile, che è rimasta a lungo ignota, si sa ancora poco, ma pare che gli individui vivano singolarmente, spostandosi molto. Solo con l’età adulta e l’inizio della fase riproduttiva, le tartarughe cominciano a frequentare anche le acque costiere, pur affrontando sempre migrazioni impegnative. Come avviene, per esempio, da un versante all’altro del Mediterraneo o tra questo e l’Atlantico. Rotte lunghe e complesse, che solo ora cominciano a svelare i loro segreti, grazie alle tecnologie al servizio della scienza.

4J0A5846