Nello sport come nella vita non posso sfuggire a me stessa. Un istante, il silenzio dell’acqua mi circonda, la pressione mi stringe il petto e sono sola. Con la mia mente, con le mie paure, con le mie illusioni. Nell’abisso tutto ciò che credo di sapere su di me vacilla. Così è stato per me.

L’apnea non è solo resistenza fisica o tecnica. È uno specchio. Uno specchio profondo, che riflette la parte di me che spesso preferisco ignorare. Mi ci sono avvicinata con l’idea di essere forte, determinata, una specie di wonder-woman: capace di tutto e invincibile…  il Mare mi ha mostrato altro.

Sua Maestà mi toglie l’armatura. Mi fa sentire fragile, esposta, autentica.

Coach Andrea è il catalizzatore di questo processo. All’inizio, le sue parole sono dure, pungenti, come quelle di chi vede oltre le maschere e non ha paura di dirti ciò che non vuoi sentire. Quelle stesse parole, in seguito, cambiano: accoglienti, come se anche lui comprendesse il mio viaggio interiore. E quando penso di dover lottare ancora, di dover dimostrare qualcosa, mi dice: “Vai e divertiti!”. Improvviso, quasi leggero, ma tanto potente da farmi tremare.

Chi sono? È una domanda che in apnea non posso evitare. A decine di metri sotto il livello del mare, non posso barare. Ogni respiro trattenuto è una piccola verità. Ogni scelta di proseguire o di risalire racconta qualcosa di me. Comincio a chiedermi davvero: “Perché lo faccio?”.

Non sono una supereroina, ma una donna in cammino. Mi muovo a volte per paura, altre per desiderio. Cado. Risalgo. Mi interrogo e cerco il centro del pendolo. Imparo che il coraggio non sta nell’andare più giù di tutti, ma nel guardarmi dentro e accettarmi, comprendendo che ciò che non è ideale, ciò che non è epico è profondamente e perfettamente umano.

“Vai e divertiti!” non è solo un invito a prendere le pinne e tuffarmi. È una spina a vivere. Con leggerezza. Con presenza. Con amore per ciò che sono, in ogni mio respiro.

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