Vivo l’epoca in cui “comprare” conta più di “essere”. Offrono ovunque oggetti, servizi ed esperienze confezionate, pronte da acquistare.
Mi fermo un momento: è davvero questa la vita? La felicità è legata a ciò che posseggo, a ciò che indosso, a dove vado in vacanza?
Consumare è diverso da vivere: significa accumulare, usare, gettare, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo che colmi un vuoto che non si riempie mai. Vivere è gustare ogni istante, è sentire il senso profondo delle cose e stringere legami autentici.
Che follia ridurre l’esistenza a una corsa frenetica all’acquisto e all’apparenza! Distratti dalla natura, dalla crescita personale e dalla bellezza della semplicità…
Perdiamo momenti autentici perché presi dall’ultimo modello di smartphone, dall’abito firmato, dalla vacanza da postare sui social… Quanta energia sprecata per apparire anziché essere…!
Non sto dicendo che i beni materiali siano inutili: vivo in un mondo concreto e certi bisogni vanno soddisfatti, ma la linea di confine tra il necessario e il superfluo, tra l’utile e il futile, è sottile. Quando la supero, cado in un meccanismo pericoloso, quello del “consumatore” che vive per consumare e che si identifica solo nei propri acquisti.
Vivere è scegliere con consapevolezza, dare valore al tempo, coltivare passioni, relazioni, rallentare, guardarsi dentro, capire chi sono e che cosa voglio davvero...
“Consumare” è una perdita: di tempo, di senso e di umanità e la capacità di vivere davvero, andando oltre le cose, è forse la sfida più grande e più bella di questo momento storico.
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