L’essere umano assomiglia a una cipolla compatta e integra, tuttavia basta una lama, un gesto deciso, per iniziare a togliere uno strato, poi un altro e un altro ancora. Ogni sfoglia caduta svela qualcosa di più piccolo, di più intimo, ma anche di più fragile. E’ così l’uomo: un cuore nascosto sotto veli, sovrastrutture, maschere, ruoli, difese.

Più elimino le varie superfici, più la cipolla rimpicciolisce e al centro non c’è un nucleo solido e distinto: solo altri livelli, altre falde e altri piani, finché non rimane quasi nulla. E se facessi la stessa cosa con me? Se lasciassi cadere le mie conoscenze, le esperienze, le mie idee e sovrastrutture, le mie credenze, mi chiedo: “Cosa resta, alla fine? Cosa c’è, oltre il mio ruolo sociale, i miei titoli, le mie abitudini, le mie convinzioni e le mie paure?”. Nulla. Un vuoto… Sarà per questo che sono così affezionata ai miei rivestimenti? Temo quel vuoto, quella nudità essenziale, che mi lascerebbe senza appigli e senza definizioni?

La paura dello zero…, un numero che mi è sempre piaciuto con la sua panciuta ed accogliente rotondità: un abbraccio, che a me pare più pieno che vacante…

Il nulla spaventa, perché mette di fronte al rischio di non essere…

Eppure questo “nulla” non lo percepisco più come abisso, ma come spazio. Non assenza, ma possibilità. Un luogo dove tutto può accadere, dove tutto può nascere; un vuoto non privo di energia, ma potenzialità integra e pura. Creativa.

Mi pelo come una cipolla, non aggiungo più, ma tolgo: maschere, difese e condizionamenti.  Arrivo al punto zero: non è inesistenza, ma apertura. Lì in fondo, nel buio più oscuro, il silenzio è assordante e denso come un vuoto-pieno. Sono quella “sostanza” che mi accomuna al Creato. Amore infinito, inesauribile, Divino.

Morendo a me stessa, annullandomi nelle mie pretese e nei miei egoismi, posso riconoscermi frammento dell’Infinito, figlia di Dio.

E’ nell’essere nessuno, in questo nulla ritrovo il Tutto.

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