Formidabile saltatrice, è la sua livrea dai colori vivaci a farla risaltare sulla superficie azzurra del mare.
Ė un pesce, la Lampuga, non un delfino, sebbene in inglese, forse per quella sua particolarità, sia chiamata dolphinfish.
Il nome scientifico Coryphaena hippurus, ovvero Corifena cavallina, fa riferimento invece alla particolare morfologia della testa, ma anche alla grande resistenza come nuotatrice, che motiva l’altro nome usato nei Paesi di lingua inglese, mahi mahi, che nella lingua hawaiana vuol dire “forte”. Anche in Italia è identificata da una notevole varietà di nomi, a seconda delle regioni nel cui mare è diffusa, dunque prevalentemente quelle tirreniche meridionali e le due isole maggiori. L’areale della lampuga è comunque molto più vasto e comprende le acque tropicali e subtropicali degli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano, dove è presente come Coryphaena equiselis, di dimensioni più piccole delle sorelle mediterranee.
Unica specie della famiglia dei Corifenidi, la lampuga può raggiungere il metro di lunghezza per 15 chili di peso. Ė un pesce osseo dal corpo oblungo e schiacciato ai lati. La testa che negli esemplari adulti presenta una caratteristica gibbosità, formata da una cresta ossea sporgente a livello della fronte. Gli occhi sono piccoli, la bocca obliqua e la mandibola prominente. Presenta una pinna dorsale nera alta e lunga dalla testa alla coda biforcuta. Le pinne pettorali, di un giallo squillante, hanno la forma appuntita come le ventrali, mentre la pinna anale, lunga la metà della dorsale, è nera con il bordo bianco.
Ciò che contraddistingue la lampuga, rendendola inconfondibile nella sua bellezza, è la varietà dei suoi colori da viva: sul dorso prevalgono l’azzurro e il verde, che lasciano il posto al giallo sui fianchi e sul ventre, mentre macchie più scure e dorate sono disposte sui fianchi e sotto la pinna dorsale. L’animale morto assume, invece, una colorazione grigiastra.
La lampuga è un pelagico, che vive fino agli 85 metri di profondità in mare aperto e in branchi. Ė un migratore, che si sposta anche su ampie distanze e con cadenza stagionale. In primavera, si avvicina alle coste, dove trova maggiore diponibilità di cibo, in particolare i branchi di sardine e di alici. Ma si nutre anche di altri pesci, come di calamari, crostacei e zooplancton. Predatore molto abile, cattura le sue prede in superficie o a mezz’acqua, sfruttando la grande velocità con cui nuota e anche la sua capacità di saltare.
La stagione della riproduzione corrisponde all’estate. Le uova galleggiano in mare aperto, trasportate dalle correnti. Gli esemplari raggiungono la maturità sessuale entro il primo anno di vita.
Ama sostare in zone ombrose, per questo, per catturarla più facilmente, vengono utilizzati degli ausili, come grandi foglie, canne e ripari artificiali. La pesca alla lampuga è praticata da epoche antichissime nel Mediterraneo, come testimonia l’affresco del “Pescatore”, rinvenuto nel sito archeologico dell’Età del Bronzo di Akrotiri, sull’isola di Santorini, in Grecia.